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Grotta del Rosario

 

 

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Cenni storici

La grotta del Rosario è stata scoperta il 21 luglio 1992 alla località Isca Perrigno di Contursi, lungo la strada vicinale del Cappellazzo. La grotta esposta a mezzogiorno, è prospiciente il fiume Tanagro dal quale dista appena 200 metri.

 

Presenta all'interno delle nicchie e segni di scalpellamento. All'esterno vi sono altri segni prodotti con corpi contundenti ed al lato destro di chi guarda, a m. 2,25 dall'ingresso, è scolpito nella parete calcarea un volto umano dalle seguenti dimensioni: larghezza massima m. 1,60; altezza totale del viso m. 0,95; altezza della faccia m. 0,70; larghezza bizigomatica m. 1,50; larghezza bipalpebrale interna cm 18; occhiaia: larghezza cm 23, altezza cm 25, profondità cm 21; lunghezza del naso cm 30 più cm 10 del setto. La bocca, sebbene sembra di misura adeguata, non è stata misurata in quanto piena di terriccio. Dal piano campagna, allineato a quello dell'ingresso della grotta, la scultura si trova alta 60 cm. 

 

Quasi certamente ci troviamo di fronte ad una scultura rupestre di significato apotropaico che, secondo la credenza delle popolazioni neolitiche del Materano, della Puglia e della Sicilia, serviva ad allontanare dal posto l'influenza magica maligna.

Questa concezione dei Neolitici scaturiva forse dalla loro indole buona: essi erano contrari ad ogni forma di violenza e convinti che una vita fatta di lotte non assicurava il raccolto. E in questo modo di pensare nasceva il timore per le avversità, sia che venissero dall'Uomo sia che venissero dalle forze malefiche del mondo occulto. Quindi facevano ricorso ad uno spirito tutelare, legato al loro gruppo da una parentela d'essenza, cercandolo nell'antenato mitico, il cui volto lo stilizzavano sulla roccia ed in esso si concentrava il potenziale del gruppo stesso. E' in questo senso di dipendenza del gruppo dallo spirito tutelare che quest'ultimo rivelava una dimensione religiosa, pur non essendo un dio. Di questi volti umani stilizzati sulla roccia in prossimità di insediamenti neolitici, sino ad oggi, ne sono stati scoperti altri due: il primo sul crinale roccioso della sponda sinistra del Basento, all'altezza di Albano di Lucania (PZ) ove sono stati rinvenuti alcuni manufatti in selce d'età neolitica, il secondo alla confluenza dei due colli Metagrande e Metapiccola a sud di Carlentini (SR), dov'era un antico insediamento detto Xoutia dai Siculi.

 

Sulla base di ciò, ci troviamo di fronte ad una vera e propria cultura dell'apotropaismo, di matrice orientale, bene affermata nell'Italia centro-meridionale. E che, pertanto, gli autori delle anzidette sculture rupestri siano da ricercare fra le prime popolazioni neolitiche giunte fra la metà del VI  e la metà del V millennio a.C.

 

(Damiano Pipino, Contursi Eneolitica, 1994)

 

 

 

"Il linguaggio delle pietre aiuta a comprendere l'universo fisico che vediamo

 

intorno a noi, da cui muove una rassegna di luci e di ombre, di verità e di errori

 

attraversati dal pensiero umano nella lunga marcia alla scoperta di Dio".

 

 

                                                                                                                  Damiano Pipino

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